El Papa Francisco y las migraciones en los primeros cinco años de su pontificado

Redacción CAL
08/05/2018
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El Papa Francisco y los migrantes a los cinco años de su pontificado

 

Nos ha parecido se sumo interés publicar el siguiente artículo del Profesor Giorgio Feliciani, nacido en Milán, eximio jurista, profesor de Derecho y consultor de varios Dicasterios de la Santa Sede.

 

Papa Francesco e le migrazioni nei primi cinque anni di pontificato

di Giorgio Feliciani, Facoltà di diritto canonico San Pio X, Venezia

 

1. Premessa

Nelle preoccupazioni di papa Francesco la delicata e complessa questione delle migrazioni occupa un posto di singolare rilievo. Dall’inizio del pontificato, in soli cinque anni, ne ha già trattato più di sessanta volte e ha persino realizzato due specifici viaggi apostolici, rispettivamente a Lampedusa nel 2013 e a Lesbo nel 2016. Peraltro, allo stato, non è ancora possibile disporre di un testo che esponga in modo sistematico e tendenzialmente esaustivo il suo pensiero in materia. Infatti, finora, i suoi pronunciamenti consistono essenzialmente in riferimenti di diversa ampiezza, offerti da discorsi pronunciati nelle più diverse occasioni. Gli stessi messaggi annuali per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato hanno carattere più esortativo che espositivo, e comunque, come indicato dalle loro stesse titolazioni, si limitano a evidenziare determinati profili della questione.

Il presente studio si propone di individuare i punti qualificanti di tutti questi insegnamenti, al fine di pervenire, per quanto possibile, a una ricostruzione organica del pensiero di papa Francesco in tema di migrazioni che si attenga il più possibile alle sue stesse parole.

In tale prospettiva è parso opportuno offrire preliminarmente un sintetico accenno al magistero pontificio precedente, con particolare attenzione a quello degli immediati predecessori, per consentire una valutazione critica della continuità e della originalità degli insegnamenti di papa Bergoglio[1].

 

Parte Prima. I predecessori

 

2. Il duplice volto dell’emigrazione

A partire dagli ultimi decenni del secolo XIX[2] la Chiesa Cattolica dimostra ampio e specifico interesse ai problemi posti dalla mobilità delle persone, dimostrandosi sempre più cosciente della importanza e della complessità del fenomeno. Particolarmente significativa in tal senso risulta l’avvertenza di Giovanni Paolo II che “le migrazioni presentano sempre un duplice volto”. Da un lato determinano quel “confronto fra uomini e gruppi di popoli diversi” che “comporta tensioni inevitabili, latenti rifiuti e polemiche aperte”. Ma, dall’altro, offrono l’occasione di un “incontro armonico di soggetti sociali diversi” in una “messa in comune” delle rispettive culture[3] che consente di riscoprire valori radicati “nell’identico humus umano”, e quindi “capaci di unire e non di dividere”[4]. Infatti molte civiltà “si sono sviluppate e arricchite proprio per gli apporti dati dall’emigrazione” e “in altri casi, le diversità culturali di autoctoni ed immigrati”, pur non integrandosi, si sono dimostrate capaci “di convivere, attraverso una prassi di rispetto reciproco delle persone e di accettazione o tolleranza dei differenti costumi”[5].

Occorre, tuttavia, riconoscere che si tratta di un compito tutt’altro che semplice[6] in quanto si deve trovare “un giusto equilibrio tra il rispetto dell’identità propria e il riconoscimento di quella altrui”, in un contesto di pluralismo culturale compatibile con “la tutela dell’ordine da cui dipendono la pace sociale e la libertà dei cittadini”[7].

In tale prospettiva si è giunti a valutare positivamente, nel caso delle c.d. migrazioni senza ritorno, anche il costituirsi di “gruppi etnici” che “all’estero coltivano le proprie tradizioni, in ideale unione con il paese d’origine”. Infatti nel 1978 l’organismo della Santa Sede competente in materia ha osservato che questi gruppi, “armonizzandosi al contesto generale, e continuando a conservare la propria identità”, possono persino divenire “una colonna portante della struttura sociale”[8]. In questa direzione ci si deve, comunque, chiedere quando e a quali condizioni, nell’ordinamento internazionale e in quelli degli Stati, potrà essere riconosciuto a questi gruppi lo status di minoranza.

 

3. L’emigrazione come necessità esistenziale

La complessità del fenomeno migratorio non deriva solo dalla diversità dei possibili esiti sociali, ma anche dalla molteplicità delle sue motivazioni che determinano una tipologia della figura del migrante quanto mai variegata: migranti temporanei e migranti definitivi, giovani in cerca di prima occupazione, lavoratori dediti ad attività disertate dagli autoctoni, persone desiderose di promozione culturale e professionale, funzionari di organismi internazionali e imprese multinazionali. Ma occorre comunque riconoscere che, in larga misura, la migrazione deriva da una “costrizione soggettiva”, vale a dire o dall’esigenza di “sottrarsi a regimi oppressivi dei diritti fondamentali” oppure dal “bisogno di lavoro, come alternativa alla disoccupazione o alla sottooccupazione”[9]. In queste situazioni, osserva Giovanni Paolo II[10], la migrazione è, “sotto certi aspetti, un male”. Infatti costringe il migrante ad allontanarsi dalla propria comunità “unita dalla storia, dalla tradizione, dalla cultura, per iniziare una vita in mezzo a un’altra società, unita da un’altra cultura e molto spesso anche da un’altra lingua”. E, al contempo, priva il Paese d’origine del contributo al bene comune che egli potrebbe offrire “con lo sforzo del proprio pensiero o delle proprie mani”.

 

4. I diritti del migrante

Alla luce di queste considerazioni occorrerebbe tutelare, innanzitutto, “il diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e in dignità nella propria patria”[11].  Ma là dove questo non sia possibile si impone il pieno riconoscimento del diritto ad emigrare, decisamente richiesto da tutti i pontefici a partire da Pio XII[12]. A suo giudizio, lo stesso “diritto di natura non meno che la pietà verso il genere umano” esigono che le “vie di emigrare” siano “aperte” a quanti sono costretti ad abbandonare le loro case “per i rivolgimenti interni della loro patria o perché spinti dalla disoccupazione e dalla fame”.  Ma, al tempo stesso, come ricorda papa Benedetto XVI, “gli Stati hanno il diritto di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere”, ma “sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana”[13]. Si tratta, in pratica, di “coniugare l’accoglienza che si deve a tutti gli esseri umani, specie se indigenti, con la valutazione delle condizioni indispensabili per una vita dignitosa e pacifica per gli abitanti originari e per quelli sopraggiunti”[14]. In ogni caso occorre fare di tutto, avverte Giovanni Paolo II,  perché il “male” della emigrazione non comporti maggiori danni, “anzi perché, in quanto possibile, esso porti perfino un bene nella vita personale, familiare e sociale dell’emigrato”, grazie, soprattutto, a “una giusta legislazione”[15].  Occorre, cioè, che il migrante goda di “un vero statuto che, attraverso il riconoscimento di ogni diritto nativo, gli assicuri legittimi spazi di crescita sociale e culturale indispensabile alla sua stessa realizzazione umana e professionale”[16].

 

5. Identità e integrazione

Il magistero pontificio non si è limitato a un pur significativo ed esauriente rinvio all’intero catalogo dei diritti fondamentali[17], ma ha anche ritenuto necessario richiamare l’attenzione sulle prerogative della dignità della persona umana dei migranti più frequentemente esposte al pericolo di violazioni. In particolare ha avvertito che il migrante “non può essere dissociato dal popolo al quale appartiene, ma va inquadrato nella sfera della propria identità culturale”. Di conseguenza nei suoi confronti si impone il rispetto della “nazione nella quale affonda le sue radici, essendo questa una comunità di uomini, stretti da legami diversi, da una lingua e soprattutto da una cultura, che costituisce come l’orizzonte della vita e del progresso integrale”[18].  Al diritto al rispetto della propria identità culturale si accompagna quello all’integrazione. Infatti “fra i diritti inerenti alla persona vi è pure quello di inserirsi nella comunità politica in cui si ritiene di potersi creare un avvenire per sé e per la propria famiglia”. La comunità politica di accoglienza ha quindi “il dovere di permettere quell’inserimento, come pure di favorire l’integrazione in se stessa delle nuove membra”[19], rifiutando “sia i modelli isolazionisti, che tendono a fare del diverso una copia di sé, sia i modelli di marginalizzazione (…) che possono giungere fino alle scelte dell’apartheid”[20].

A quest’ultimo riguardo è stato denunciato come immigrati e profughi siano frequentemente “vittime di pregiudizi razziali”. La legge dovrà, dunque, “provvedere a reprimere atti di aggressività nei loro confronti e anche sorvegliare che nessuno (…) tenti di approfittare di queste persone”[21].

In particolare “l’emigrazione per lavoro non può in alcun modo diventare un’occasione di sfruttamento finanziario e sociale”. Di conseguenza, non solo non si deve approfittare della eventuale “situazione di costrizione” in cui si trovi l’emigrato, ma gli devono essere riconosciuti gli stessi diritti che competono agli altri lavoratori[22].

Va comunque ricordato che “il cammino di integrazione comprende diritti e doveri”. Da una parte “attenzione e cura verso i migranti perché abbiano una vita decorosa” e, dall’altra, “attenzione da parte dei migranti verso i valori che offre la società in cui si inseriscono”[23], “rispettandone le leggi e l’identità nazionale”[24].

 

6. La tutela della famiglia

Il magistero non ha riservato attenzione solo ai diritti individuali, si è anche occupato, e in modo singolarmente ampio e insistente, della protezione della famiglia del migrante. Tra i molteplici insegnamenti in materia che si sono succeduti nel tempo, merita particolare attenzione il messaggio di Giovanni Paolo II per la giornata mondiale del migrante del 1986, interamente dedicato alla famiglia emigrata. In esso il pontefice qualifica come “dovere prioritario inderogabile” dello Stato di diritto la tutela della famiglia emigrata e profuga “in tutti i suoi diritti fondamentali, evitando ogni forma di discriminazione nella sfera del lavoro, dell’abitazione, della sanità, dell’educazione e cultura”, e impegnandosi a favorire i ricongiungimenti familiari. In questo contesto vengono anche riproposte, con accenti non privi di originalità, le questioni relative al diritto alla propria identità culturale e all’integrazione. Da un lato si chiede allo Stato di “creare strutture di accoglienza, di informazione e di formazione sociale che aiutino la famiglia immigrata a uscire dall’isolamento e dall’ignoranza dell’ordine giuridico sociale, educativo e previdenziale del paese di accoglienza, per quanto concerne il diritto di famiglia”. E, al contempo, si impegna lo stesso Stato “a perseguire una politica che incrementi tutte le genuine espressioni  culturali, locali e immigrate, presenti sul territorio nazionale, poiché  ogni famiglia ha diritto alla sua identità culturale specifica”[25]. Più recentemente Benedetto XVI ha riconosciuto “nel dramma della famiglia di Nazareth, obbligata a rifugiarsi in Egitto” la “dolorosa condizione  di tutti i migranti” e “le difficoltà di ogni famiglia migrante”. Ha quindi impegnato istituzioni e associazioni ecclesiali a offrire “quell’advocacy che si rende sempre più necessaria (…) per rispondere alle crescenti esigenze in questo campo”[26].

 

Parte Seconda. Papa Francesco

 

7. Il fenomeno migratorio nella storia dell’umanità

In più di una occasione papa Francesco ricorda che “le migrazioni non sono un fenomeno nuovo, ma appartengono alla storia dell’umanità”. Essa, infatti, ha visto, “ad ogni latitudine”, migrazioni che “hanno marcato profondamente ogni epoca” e non hanno risparmiato nessun popolo. La “stessa storia della salvezza è essenzialmente storia di migrazioni”[27]. E, per quanto concerne l’avvenire, è da prevedere che esse non solo “continueranno a segnare il nostro futuro”[28], ma ne costituiranno “un elemento fondante (…) più di quanto non l’abbiano fatto finora”[29].

La permanenza e la vastità del fenomeno non deve sorprendere dal momento che “l’essere in movimento è connaturale all’uomo”[30] poiché “nella sua essenza, migrare è espressione dell’intrinseco anelito alla felicità proprio di ogni essere umano, felicità che va ricercata e perseguita”[31]. Di conseguenza occorre riconoscere che “la libertà di movimento, come quella di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali dell’uomo”[32].

E, d’altro canto, le migrazioni, “favorendo l’incontro dei popoli e la nascita di nuove civiltà”[33], “rivelano anche l’aspirazione della umanità a vivere l’unità nel rispetto delle differenze”, in una accoglienza e ospitalità “che permettano l’equa condivisione dei beni della terra, la tutela e la promozione della dignità e della centralità di ogni essere umano”[34].

Una valutazione, dunque, almeno in linea di principio, decisamente positiva, che appare in singolare contrasto con il giudizio di papa Francesco sulla drammaticità della situazione attuale.

 

8. Una catastrofe umanitaria

Infatti oggi, a suo giudizio, le migrazioni costituiscono una “tragedia umana” di carattere “globale”[35], “una drammatica questione mondiale”[36], una “catastrofe umanitaria”[37], “una colossale crisi umanitaria”[38]. Non manca quindi di denunciare che, in non poche situazioni, la condizione dei profughi è da considerarsi talmente “obbrobriosa” da costituire “una bancarotta della umanità”[39]. Tutto questo è essenzialmente dovuto al fatto che “i flussi migratori contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi”[40] e risultano talmente “massicci, complessi e variegati” da mettere “in crisi le politiche migratorie fin qui adottate e gli strumenti di protezione sanciti da convenzioni internazionali”[41].

E tutto questo non può considerarsi una “emergenza” o un “fatto circostanziato e sporadico”, dal momento che ormai è divenuto “un elemento caratteristico e una sfida delle nostre società”[42], “una realtà strutturale”[43].

 

9. Natura e cause degli attuali massicci flussi

Papa Francesco rileva che le attuali migrazioni costituiscono per lo più “spostamenti forzati” determinati dalle più svariate cause: dai conflitti ai disastri naturali, dai cambiamenti climatici[44] a condizioni di vita di “indegne”[45], di “miseria estrema”, che impediscono di “sfamare la famiglia o di accedere alle cure mediche e all’istruzione”[46]. Non mancano, poi, persecuzioni e “dislocamento di minoranze religiose ed etniche” con il conseguente “sradicamento delle famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo”[47].

Peraltro, nel contesto di questa varietà e complessità di motivazioni, il fattore che assume maggiore rilevanza è indubbiamente la fame, che non è da considerarsi una “malattia incurabile”[48] o ineluttabile, essendo essenzialmente dovuta alla malvagità degli uomini. Al riguardo papa Francesco denuncia che vi è uno “sfruttamento della gente (…) della terra (…) per guadagnare più soldi”[49]. Infatti “le risorse alimentari non di rado vengono lasciate in balia della speculazione, che le misura solamente in funzione della prosperità economica dei grandi produttori”[50]. Analogamente, per quanto riguarda i cambiamenti climatici, il pontefice constata “la noncuranza verso i delicati equilibri degli ecosistemi, la presunzione di manipolare e controllare le limitate risorse del pianeta, l’avidità di profitto”[51].

Tra le cause della fame vi sono poi, oltre “la guerra delle tribù”, “alcune guerre ideologiche” e “alcune guerre artificiali, preparate dai trafficanti di armi che vivono di questo”[52].

Su tutto questo il giudizio complessivo di papa Francesco è quanto mai severo: “la corruzione è alla origine della emigrazione”[53].

 

10. Le misure da adottare

In modo ripetuto e insistente papa Francesco fa presente agli Stati e agli organismi interessati che “la solidarietà, la cooperazione, l’interdipendenza internazionale e l’equa distribuzione dei beni della terra sono elementi fondamentali per operare in profondità e con incisività (…) nelle aree di partenza dei flussi migratori”[54]. In questa prospettiva ha recentemente auspicato la definizione e l’approvazione da parte delle Nazioni Unite di “due patti globali, uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati”, formulati in modo da evitare che “il necessario realismo della politica internazionale” non diventi “una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza”[55].

Il pontefice non si limita a esortazioni di carattere generico, ma si preoccupa anche di indicare specificamente gli obiettivi da perseguire. A suo avviso occorre, innanzitutto, impegnare “ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità (…) possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza”[56]. A tal fine è necessario, in primo luogo, “aiutare i Paesi da cui partono i migranti e i profughi”[57]  “per favorirne lo sviluppo socio-politico”[58]. Si tratta, in concreto, di “creare condizioni economiche e sociali” tali da non costringere all’emigrazione “chi cerca  pace, giustizia, sicurezza e pieno rispetto della dignità umana”[59].

A tal fine è assolutamente indispensabile il superamento dei conflitti, ricorrendo ai mezzi previsti dal diritto internazionale “per prevenirli e risolverli rapidamente, evitando che si prolunghino e producano carestie e la distruzione del tessuto sociale”. Oltre alla buona volontà e al dialogo, sempre utili per frenare i conflitti, anche quelli interni, è quanto mai urgente procedere a “un disarmo graduale e sistematico” e “porre rimedio alla funesta piaga del traffico delle armi”[60].

Per quanto poi riguarda i cambiamenti climatici, il pontefice rileva positivamente, oltre al progresso delle conoscenze scientifiche per farvi fronte, che “la comunità internazionale è andata elaborando (…) strumenti giuridici necessari, come per esempio l’Accordo di Parigi”, ma lamenta che alcuni se ne “stanno allontanando”. Ribadisce, quindi, la necessità dello “sforzo per un consenso concreto e fattivo se si vogliono evitare effetti più tragici”. In concreto propone “un cambiamento negli stili di vita, nell’uso delle risorse, nei criteri di produzione, fino ai consumi che, per quanto riguarda gli alimenti, vedono perdite e sprechi crescenti”[61].

Da ultimo il pontefice rinvia per indicazioni più puntuali e organiche ai “punti di azione” proposti dal Dicastero della Santa Sede per il servizio dello sviluppo umano integrale[62].

 

11. Chiusura delle frontiere e tutela della identità

Tra le misure adottate dai diversi Stati per far fronte ai flussi migratori non manca, come noto, l’erezione di “muri” e “barriere” determinata da “atteggiamenti di chiusura e di non accoglienza”. Una decisione severamente criticata da papa Francesco. A suo avviso muri e barriere “durano poco tempo o molto tempo, ma non sono una soluzione”. Anzi finiscono col “favorire traffici criminali”, incrementare l’odio, e persino fare “male al proprio popolo”. “L’unica via di soluzione è quella della solidarietà”[63].

Tra le varie motivazioni addotte dagli Stati per giustificare questo genere di provvedimenti merita attenzione quella che fa riferimento alla esigenza di tutelare l’identità culturale del Paese. Il pontefice riconosce che “quella dell’identità non è una questione di secondaria importanza”: il migrante è “costretto a modificare taluni aspetti che definiscono la propria persona” e “forza al cambiamento anche in chi lo accoglie”, “sfidando il tradizionale modo di vivere e talvolta sconvolgendo l’orizzonte culturale e sociale” con cui viene a confronto[64]. Ma tutto questo non induce il pontefice a desistere dal suo pressante invito all’accoglienza. Anzi, a chi considera l’immigrazione una minaccia per la “cultura cristiana dell’Europa”, replica che “la prima minaccia alla cultura cristiana dell’Europa viene proprio dall’interno dell’Europa”. E che, in ogni caso, “una cultura si consolida nell’apertura e nel confronto con le altre culture, purché abbia una chiara e matura consapevolezza dei propri principi e valori”[65]. In questa prospettiva da un lato esorta l’episcopato e i fedeli greci a custodire e rafforzare le “tradizioni culturali” e le “radici cristiane della società”, ma, dall’altro, li impegna ad aprirsi ai “valori culturali e spirituali” dei migranti, “senza distinzione di razza, di lingua o di credo religioso”[66]. In particolare egli rifiuta decisamente la proposta di discriminare i migranti mussulmani a favore di quelli cristiani[67], come era ed è auspicato da più parti.

Per quanto poi riguarda l’intera Europa papa Francesco ammonisce che “l’arrivo dei migranti deve spronarla a riscoprire il proprio patrimonio culturale e religioso, così che, riprendendo coscienza dei valori sui quali si è edificata, possa al tempo stesso mantenere viva la propria tradizione e continuare ad essere un luogo accogliente foriero di pace e di sviluppo”.

 

12. La regolamentazione dei flussi

Non raramente papa Francesco è stato ed è tuttora decisamente contestato da chi lo accusa di promuovere una immigrazione illimitata, incondizionata, decisamente irragionevole.  In realtà queste severe critiche non trovano riscontro nei suoi orientamenti. Infatti egli, proprio mentre afferma che “in teoria non si può chiudere il cuore a un rifugiato”[68], avverte che il problema deve essere gestito da parte delle pubbliche autorità con “la virtù propria del governante, cioè la prudenza”[69]. Un approccio che non comporta “l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti”, ma esige di “valutare con saggezza e lungimiranza fino a che punto il proprio Paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti”[70], e quindi “fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere, ma lo si deve anche integrare”[71] pienamente “a livello sociale, economico e politico”[72]. Non si può dunque “dare una risposta universale, perché l’accoglienza dipende dalla situazione di ogni Paese e anche dalla cultura”[73]. Resta comunque fuori discussione “il diritto degli Stati a gestire i flussi migratori e a salvaguardare il bene comune nazionale”[74], assicurando “i giusti diritti e lo sviluppo armonico” delle proprie comunità[75].

 

13. Dalla cultura dello scarto alla cultura dell’accoglienza

È peraltro innegabile che il richiamo al dovere dell’accoglienza è tanto dominante negli interventi di papa Francesco da costituire uno dei temi più frequentemente ricorrenti nel suo intero magistero.

Le preoccupazioni del pontefice muovono spesso dalla denuncia di inaccettabili forme di chiusura determinate da “un’indole del rifiuto (…) che induce a non guardare al prossimo come ad un fratello da accogliere, ma a lasciarlo fuori dal nostro personale orizzonte di vita”. Un atteggiamento ispirato dall’egoismo e nutrito da “demagogie populistiche”[76] che alimentano nelle popolazioni locali “diffidenze e ostilità”, persino nelle stesse “comunità ecclesiali”[77] e “in Paesi di antica tradizione cristiana” dove si riscontrano “reazioni negative di principio, a volte anche discriminatorie e xenofobe”[78]. Dovunque insorgono e vengono fomentate paure, che il pontefice ha cura di indicare specificamente: dai possibili “sconvolgimenti nella sicurezza sociale” al “rischio di perdere identità e cultura”, da una maggior “concorrenza sul mercato del lavoro” fino all’introduzione di “nuovi fattori di criminalità”[79]. Tutti timori “legittimi”, fondati “su dubbi pienamente comprensibili dal punto di vista umano”, ma che non devono determinare le risposte, condizionare le scelte, compromettere il rispetto e la generosità, alimentare l’odio e il rifiuto[80].

Di fronte a questa situazione papa Francesco impegna i mezzi di comunicazione sociale a “smascherare stereotipi e offrire corrette informazioni”[81], ma riconosce anche che il problema ha radici più profonde, essendo essenzialmente di natura culturale. Segnala quindi l’urgenza di un cambio di mentalità che consenta di “superare l’indifferenza” e “anteporre ai timori un generoso atteggiamento di accoglienza”[82]. Occorre, in particolare, “un impegno comune che rovesci decisamente la cultura dello scarto e dell’offesa della vita umana” per far sì che “nessuno si senta trascurato o dimenticato e altre  vite non vengano sacrificate per la mancanza di risorse e, soprattutto, di volontà politica”[83]. Si deve, cioè, promuovere una “cultura che privilegi il dialogo come forma di incontro” che “permetta di guardare lo straniero, il migrante, l’appartenente a un’altra cultura come un soggetto da ascoltare, considerato e apprezzato”[84].

Il pontefice non si limita a queste esortazioni di carattere generale, ma ha anche cura di indicare quei provvedimenti che ne possono garantire la concreta e effettiva realizzazione. In particolare ritiene che si dovrebbero “offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei Paesi di destinazione”, incrementando e agevolando i visti umanitari e i ricongiungimenti familiari, concedendo visti temporanei, aprendo corridoi umanitari. In ogni caso è importante assicurare “una prima sistemazione adeguata e decorosa”, privilegiare forme di “accoglienza diffusa”, evitare “espulsioni collettive e arbitrarie”, “preferire soluzioni alternative alla detenzione per coloro che entrano nel territorio nazionale senza essere autorizzati”, “bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali”[85].

 

14. Il dovere della protezione

Come già ricordato da Benedetto XVI, “l’esperienza migratoria rende spesso le persone più vulnerabili allo sfruttamento, all’abuso, alla violenza”, e, in particolare, alla “tratta” di cui sono frequentemente oggetto. Di conseguenza papa Francesco richiama tutti all’”imperativo morale” di assicurare ai migranti la tutela dei diritti fondamentali e il rispetto della loro dignità. Un obiettivo da perseguire anche mediante l’adozione di “strumenti giuridici, internazionali e nazionali, chiari e pertinenti” e di scelte politiche “giuste e lungimiranti”[86].

In proposito il pontefice, nel messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018, del 15 agosto 2017, si preoccupa anche di formulare un articolato elenco delle specifiche misure da assumere, qualunque sia lo “status migratorio” degli interessati. Innanzitutto essi, prima della partenza, dovrebbero poter disporre di “informazioni certe e certificate” ed essere salvaguardati da “pratiche di reclutamento illegale”. E, una volta giunti a destinazione, oltre a ricevere “adeguata assistenza consolare”, dovrebbero vedersi riconoscere una serie di prerogative: dal “diritto di conservare sempre con sé i documenti della propria identità” a un “equo accesso alla giustizia”, dalla possibilità di aprire conti bancari a “una minima sussistenza vitale”, fino alla possibilità di usufruire dei sistemi di assistenza e previdenza nazionali.

In questo contesto papa Francesco segnala anche l’opportunità di riconoscere e valorizzare “le capacità e le competenze” dei migranti che possono rappresentare “una vera risorsa per le comunità che li accolgono”. A tal fine auspica che sia loro concessa libertà di movimento, possibilità di lavorare, accesso ai mezzi di telecomunicazione.

In sintesi, come sottolinea il messaggio per la giornata mondiale per la pace 2018, si tratta del “dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento”, con particolare attenzione per donne e bambini, maggiormente esposti a rischi ed abusi.

 

15. L’impegno per la promozione umana

Ma, avverte papa Francesco, non è sufficiente proteggere, occorre anche promuovere lo “sviluppo umano integrale” dei migranti, assicurando un “equo accesso ai beni fondamentali” e offrendo “possibilità di scelta e di crescita”[87]. Si tratta, cioè, di metterli in grado di “realizzarsi come persone” in tutte le dimensioni proprie della natura umana. Tra queste viene innanzitutto in considerazione quella religiosa che richiede la garanzia della libertà di professare e praticare la propria credenza. Occorre poi adoperarsi per l’”inserimento socio-lavorativo”, assicurando a tutti la possibilità di lavorare, nonché percorsi formativi e informazioni adeguate. Quanto alla famiglia si deve aver cura della sua “integrità”, favorendo nel modo più ampio possibile i ricongiungimenti, senza mai condizionarli a requisiti di carattere economico.  “Maggiori attenzioni e supporti” meritano comunque quanti si trovino in condizioni di disabilità[88].

Tra tutti questi strumenti assume singolare rilievo l’“assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione” per metterli in grado di valorizzare le loro capacità e di coltivare “uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro”[89].

 

16. L’integrazione come obiettivo da perseguire

Nel disegno di papa Francesco il difficile processo di inserimento dei migranti nel Paese di accoglienza dovrebbe avere come meta una integrazione, che consenta “a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie”[90]. Il pontefice ha preliminarmente cura di avvertire che essa “non è né assimilazione né incorporazione”. Costituisce, invece, un “processo bidirezionale, che si fonda essenzialmente sul mutuo riconoscimento della ricchezza culturale dell’altro”[91], al fine di “accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza reciproca”[92]. L’integrazione, dunque, si pone “sul piano delle opportunità di arricchimento interculturale generate dalla presenza di migranti e rifugiati”[93] e di una “feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali”[94]. In questa prospettiva il pontefice rifiuta decisamente non solo l’”appiattimento di una cultura sull’altra”, ma anche “l’isolamento reciproco, con il rischio di nefaste quanto mai pericolose ‘ghettizzazioni’”[95].

Si tratta, dunque, di un “processo prolungato che mira a formare società e culture”[96], da favorire e accelerare in diversi modi. In particolare mediante “l’offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici”, prevedendo “percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel Paese”[97]. E, in ogni caso, agevolando “il ricongiungimento familiare – con l’inclusione di nonni, fratelli e nipoti – senza mai farlo dipendere da requisiti economici”[98]. Più in generale è necessario promuovere in ogni modo “la cultura dell’incontro, moltiplicando le opportunità di scambio interculturale” e “documentando e diffondendo le buone pratiche di integrazione”[99] e avendo sempre cura di “porre al centro delle norme che riguardano i vari aspetti della vita politica e sociale” “la tutela e la promozione delle persone, specialmente di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità”[100].

E non va nemmeno trascurata l’esigenza di aiutare le comunità locali nelle loro responsabilità nei confronti dei migranti, “sensibilizzandole adeguatamente e disponendole positivamente ai processi integrativi, non sempre facili e immediati, ma sempre essenziali e per l’avvenire imprescindibili”[101]. Anche sotto questo profilo va curata “l’interazione con le comunità religiose, sia istituzionali che a livello associativo” che “possono svolgere un ruolo prezioso di rinforzo nell’assistenza e nella protezione, di mediazione sociale e culturale, di pacificazione e di integrazione”[102].

 

17. La preoccupazione per i minorenni

Nel delineare le linee essenziali del complesso processo che va dalla accoglienza alla integrazione, in più di una occasione papa Francesco manifesta una specifica attenzione e una marcata preoccupazione nei confronti dei migranti minorenni, in quanto sono loro a pagare “in primo luogo” “i costi gravosi della emigrazione”. Infatti, anche quando non cadono vittima di “piaghe aberranti” come il traffico di bambini, lo sfruttamento, l’abuso, finiscono  in genere col soffrire “la privazione dei diritti inerenti alla fanciullezza”, come avere un ambiente familiare sano e protetto, ricevere una educazione adeguata, poter giocare e partecipare ad attività creative[103].

Occorre dunque innanzitutto “adottare ogni possibile misura” per assicurare loro “protezione e difesa”, intervenendo “con maggiore rigore ed efficacia nei confronti degli approfittatori. A tal fine si richiede agli stessi immigrati, per il bene dei loro bambini, una sempre più stretta collaborazione con gli organismi e le istituzioni, ecclesiali e civili, in vista della creazione di “reti capaci di assicurare interventi tempestivi e capillari”[104].

Per quanto poi riguarda l’integrazione dei migranti minorenni, oltre ad evitare “ogni forma di detenzione in ragione del loro status migratorio”, è assolutamente indispensabile assicurare l’“accesso regolare alla istruzione primaria e secondaria”[105]. Infatti le scuole da un lato sono “spazi di libertà” dove i bambini vengono assistiti e protetti, e, dall’altro, offrono ai piccoli immigrati “una via per scoprire la loro autentica vocazione, sviluppandone le potenzialità”[106].

Altre misure riguardanti i migranti minorenni concernono “programmi di custodia temporanea o affidamento” qualora non accompagnati o separati dalla famiglia, nonché il diritto di permanere nel Paese e di continuarvi gli studi dopo il raggiungimento della maggiore età.

Una questione delicata e complessa riguarda la nazionalità. Essa va senz’altro “riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita”, ed eventuali situazioni di apolidia vanno risolte con “una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale”[107].

                                                  

18. Diritti e doveri dei migranti

Ai fini di una adeguata interpretazione del pensiero del Pontefice circa lo statuto dei migranti occorre ricordare che, secondo un insegnamento del tutto tradizionale, “deve essere garantito, assieme al diritto di poter emigrare, anche il diritto di non dover emigrare, ossia il diritto a trovare in patria condizioni che permettano una dignitosa realizzazione dell’esistenza”[108]. Su queste basi papa Francesco opera una netta distinzione tra quanti cercano all’estero il miglioramento di condizioni di vita già di per sé accettabili, e i rifugiati che provengono “da una situazione di guerra, di angoscia, di fame, da una situazione terribile”. Per i primi sottolinea la legittimità di una legislazione che disciplini l’esercizio del loro diritto ad emigrare. Per i secondi impegna gli Stati ad averne una particolare cura[109].

Le prerogative dei migranti risultano già implicitamente, ma chiaramente, messe in luce dalle enunciazioni di papa Francesco circa i doveri dei Paesi di approdo, ma dove solo in pochi casi vengono espressamente e formalmente riconosciuti come veri e propri diritti loro spettanti. Le affermazioni più significative riguardano il diritto di ogni migrante, anche se “irregolare”, a vedere rispettata la propria dignità di persona umana, dotata di diritti inalienabili, che non può essere offuscata da “condizioni contingenti e accessorie” e dal “pur necessario adempimento di requisiti burocratici o amministrativi” e che comunque comporta il diritto allo “sviluppo umano integrale”[110].

Per quanto poi riguarda i doveri dei migranti, papa Francesco li richiama soprattutto all’obbligo di rispettare le leggi del Paese che li ospita[111]. Una insistenza che lascia intuire come, in realtà, egli non abbia una visione, per così dire, idilliaca dei migranti, ma sia perfettamente cosciente che non tutti sono sempre “animati dalle migliori intenzioni”[112].

Peraltro, sempre secondo papa Francesco, i doveri dei migranti nei confronti del Paese che li ha accolti non riguardano solo l’osservanza delle norme, ma concernono anche l’obbligo di rispettare, e persino “assimilare”, i “principi identitari”, “la cultura e le tradizioni” delle comunità locali[113].

 

19. I migranti come risorsa

In non pochi degli insegnamenti di papa Francesco fin qui richiamati emerge chiaramente la sua convinzione che, nonostante tutte le difficoltà, i problemi e i drammi provocati dalle migrazioni, migranti e rifugiati possono arrecare non indifferenti vantaggi ai Paesi che li accolgono. Una convinzione che talvolta egli manifesta espressamente. Si veda, in particolare, l’avvertenza che migranti e rifugiati “non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie, aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono”[114]. Di conseguenza nell’incontro con loro “è importante adottare una prospettiva integrale, in grado di valorizzarne le potenzialità anziché vedervi solo un problema da affrontare e risolvere”[115]. Occorre cioè assumere un atteggiamento inclusivo che sappia “valorizzare le differenze, assumendole come patrimonio comune e arricchente. In questa prospettiva i migranti sono una risorsa più che un peso”[116]. In tal senso si può anche specificamente osservare che “i Paesi che accolgono traggono vantaggi dall’impiego di immigrati per le necessità della produzione e del benessere nazionale, non di rado limitando anche i vuoti creati dalla crisi demografica”[117].

A livello mondiale, inoltre, le migrazioni sono da guardarsi “con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace”, secondo l’auspicio, testualmente richiamato, di Giovanni Paolo II: “se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra terra una reale ‘casa comune’”[118].

 

20. La missione della Chiesa

Di fronte al fenomeno migratorio papa Francesco chiama anzitutto l’intera Chiesa a un impegno di carattere educativo. Le affida, infatti, il compito di insegnare ai propri fedeli e di “aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel rifugiato non solo un problema da affrontare, ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare”. A riconoscerli come una preziosa occasione “per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno, e una comunità cristiana più aperta”[119]. Una responsabilità educativa che la Chiesa ritiene dover esercitare anche nei confronti degli Stati: pur non intendendo interferire nelle loro decisioni, la Santa Sede non rinuncia a richiamarli a quei “principi di umanità e fraternità, che fondano ogni società coesa e armonica”[120].

Nel suo complesso la rilevanza di questa funzione di natura magisteriale è di tale importanza che, a ben guardare, tutti gli interventi di papa Francesco fin qui rievocati, si collocano, in una misura o in un’altra, su tale orizzonte.

Ma, ovviamente, la Chiesa non si limita ad insegnare, esortare, auspicare. L’intera comunità cristiana “è continuamente impegnata ad accogliere i migranti”. In tutto il loro viaggio promuove “progetti nell’evangelizzazione e nell’accompagnamento”, mentre, nei Paesi di arrivo, “cerca di essere luogo di speranza: elabora programmi di formazione e sensibilizzazione; alza la voce in difesa dei diritti dei migranti; offre assistenza, anche materiale, senza esclusioni, affinché ognuno sia trattato da figlio di Dio”[121]. Per la concreta realizzazione di tutto questo papa Francesco ritiene indispensabile il contributo delle università cattoliche sotto diversi profili: dallo “studio sulle cause remote delle migrazioni forzate” alla “valorizzazione dei molteplici apporti dei migranti e dei rifugiati alle società che li accolgono” e alle “loro comunità di origine”, fino all’adozione di “programmi volti a favorire l’istruzione dei rifugiati, a vari livelli”[122]. A quest’ultimo proposito merita anche ricordare che la recentissima costituzione apostolica “Veritatis gaudium” del 29 gennaio 2018 impegna università e facoltà ecclesiastiche a prevedere nei rispettivi statuti “procedure per valutare le modalità di trattamento dei casi di rifugiati, profughi e persone in situazioni analoghe sprovvisti della regolare documentazione richiesta” per l’iscrizione (art. 32 § 3)[123].

In ogni caso papa Francesco si preoccupa di sottolineare che “i migranti hanno bisogno certamente di buone leggi, di programmi di sviluppo, di organizzazione, ma hanno sempre bisogno, anche e prima di tutto, di amore, di amicizia, di vicinanza umana; hanno bisogno di essere ascoltati, guardati negli occhi, accompagnati; hanno bisogno di Dio, incontrato nell’amore gratuito” di una persona caritatevole[124].

 

21. Approfondimenti dottrinali e partecipazione personale

Il pensiero di papa Francesco subisce nel tempo un significativo approfondimento e una notevole evoluzione. Se nei primi interventi egli insiste pressoché esclusivamente sul dovere dell’accoglienza, negli ultimi anni ha anche cura di richiamare gli Stati al dovere della prudenza nella regolamentazione dei flussi migratori. Inoltre, nel corso del tempo, le sue riflessioni assumono un carattere sempre più organico e sistematico strutturandosi sui quattro verbi “accogliere”, “proteggere”, “promuovere”, “integrare” che diventano il leitmotiv dei suoi pronunciamenti. In tutto questo percorso è dato riscontrare piena coerenza col  magistero dei predecessori, che viene frequentemente richiamato, ma anche crescente  impegno ad approfondirne e svilupparne gli insegnamenti alla luce dei segni dei tempi. Papa Francesco giunge così ad offrire un originale contributo di riflessione che contribuisce ad arricchire la dottrina sociale della Chiesa in questa materia.

Peraltro l’elemento che più caratterizza i pronunciamenti di papa Bergoglio rispetto a quelli dei predecessori non è di natura dottrinale, ma consiste in una evidente e commossa partecipazione di carattere strettamente personale al dramma dei rifugiati[125].

Un atteggiamento dovuto, certamente, anche alle sue stesse origini di “figlio di immigrati”[126]. Particolarmente significativo a questo proposito è quanto ebbe a dire in un videomessaggio del 26 aprile 2017: “incontrando o ascoltando (…) migranti che affrontano tremende difficoltà in cerca di un futuro migliore (…) mi accompagna spesso una domanda: ‘Perché loro e non io?’. Anch’io sono nato in una famiglia di migranti, mio papà, i miei nonni, come tanti altri italiani, sono partiti per l’Argentina e hanno conosciuto la sorte di chi resta senza nulla”[127].

Questa particolare sensibilità del pontefice appare, però, dovuta soprattutto alla personale esperienza, voluta e cercata, di contatto diretto con il dramma delle migrazioni nei viaggi a Lampedusa e Lesbo. Nel primo, compiuto poche settimane dopo l’ascesa al pontificato, disse che, avendo avuto notizia dei tanti immigrati morti in mare, “il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta”[128]. E nel secondo, cinque anni dopo, papa Francesco ha riconosciuto che, proprio a partire dall’esperienza di Lampedusa, si è impegnato a “leggere, invocando la luce dello Spirito Santo” il “segno dei tempi” costituito dalle migrazioni[129].

Va aggiunto che questa partecipazione del pontefice al dramma dei profughi è talmente intensa da averlo indotto ad assumere iniziative che lo impegnano direttamente e personalmente. In proposito merita ricordare come egli, al ritorno da Lesbo, “abbia voluto fare un gesto di accoglienza nei confronti dei rifugiati accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria” e impegnando il Vaticano   ad assicurare quanto necessario alla loro accoglienza e mantenimento[130]. E quattro mesi dopo, istituendo il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ha riservato a se stesso ad tempus la “guida” della Sezione che “si occupa specificamente di quanto concerne i profughi e migranti”, con le competenze precedentemente attribuite al Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e degli itineranti[131].

 


 

[1] Tutti gli atti pontifici menzionati nel presente studio sono consultabili sul sito della Santa Sede www.vatican.va

[2] Si veda in particolare l’Epistola Sanctissimi D.N. Leonis XIII “Quam aerumnosa”, 10 dicembre 1888 ad Archiepiscopos et Episcopos Americae: quibus commendat cives italos inopia illuc migrantes. Per più ampie notizie vedi Enchiridion della Chiesa per le migrazioni, Documenti magisteriali ed ecumenici sulla pastorale della mobilità umana (1887-2000), a cura di G.G. Tassello, Bologna, EDB, 2001.

[3] Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II per la giornata mondiale del migrante 1992, 21 agosto 1991, n. 3.

[4] Messaggio di Sua Santità Giovanni Paolo II per la 90a giornata mondiale del migrante e del rifugiato (2004), 15 dicembre 2003, n. 5.

[5] Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II per la celebrazione della XXXIV giornata mondiale della pace, 1° gennaio 2001, 8 dicembre 2000, n. 12, dove peraltro si lamenta la persistenza di “situazioni in cui le difficoltà dell’incontro tra le diverse culture non si sono mai risolte e le tensioni sono divenute causa di periodici conflitti”.

[6] In particolare è “difficile determinare dove arrivi il diritto degli immigrati al riconoscimento giuridico pubblico di loro specifiche espressioni culturali che non facilmente si compongano con i costumi della maggioranza dei cittadini”, ivi, n. 14.

[7] Infatti “il principio del rispetto delle differenze culturali” va coniugato con “quello della tutela dei valori comuni irrinunciabili, perché fondati sui diritti umani universali”, Messaggio di Sua Santità Giovanni Paolo II per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato (2005), 24 novembre 2004, nn. 2-3.

[8] Pontificia Commissione per la pastorale delle migrazioni e del turismo, lettera “Chiesa e mobilità umana”, 26 maggio 1978, II, n. 1.4, in Enchiridion, cit., p. 791.

[9]  Ivi, II, 1.1.

[10] Vedi enciclica “Laborem exercens”, 14 settembre 1981, n. 23.

[11] Messaggio di Giovanni Paolo II cit. alla nota 4, n. 3.

[12] Vedi, in particolare, Pio XII, costituzione apostolica “Exsul familia”, 1° agosto 1952, n. 79; Paolo VI, motu proprioPastoralis migratorum cura”, 15 agosto 1969, n. 7, e lettera apostolica “Octogesima adveniens”, 14 maggio 1971, n. 17; Giovanni Paolo II, Messaggio cit. alla nota 4, n. 3; Benedetto XVI, Messaggio per la giornata migrante del migrante e del rifugiato (2013), 12 ottobre 2012.

[13] Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato (2011), 27 settembre 2010.

[14] Messaggio di Giovanni Paolo II cit., alla nota 5, n. 13.

[15] Enciclica “Laborem exercens”, loc. cit.

[16] Messaggio di Giovanni Paolo II cit. alla nota 3, n. 5; per quanto concerne lo status del migrante nell’ordinamento canonico vedi L. Sabbarese, Girovaghi, migranti, forestieri e naviganti nella legislazione ecclesiastica, Città del Vaticano, Urbaniana University Press, 2006.

[17] “ad ogni migrante siano riconosciuti i diritti fondamentali”, così Giovanni Paolo II nella esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Europa”, 28 giugno 2003, n. 101.

[18] Messaggio di Giovanni Paolo II cit. alla nota 3, n. 5.

[19] Così Giovanni XXIII nell’enciclica “Pacem in terris”, 11 aprile 1963, n. 57 con specifico riferimento ai profughi politici.

[20] Messaggio di Giovanni Paolo II cit. alla nota 7, n. 2.

[21] Pontificia commissione “Iustitia et pax”, documento “La Chiesa di fronte al razzismo”, 3 novembre 1988, n. 29, p. 1028.

[22] Enciclica “Laborem exercens”, loc. cit.

[23] Messaggio  di Benedetto XVI cit. alla nota 12.

[24] Messaggio di Benedetto XVI cit. alla nota 13.

[25] Messaggio di Giovanni Paolo II per la giornata mondiale delle migrazioni, 15 agosto 1986, n. 3. Per un prospetto dei richiamati “diritti fondamentali della famiglia” con qualche accenno alla famiglia dei migranti vedi Giovanni Paolo II, esortazione apostolica “Familiaris consortio”, 22 novembre 1981, n. 46, e Pontificio Consiglio per la famiglia, Carta dei diritti della famiglia, 22 ottobre 1983, art. 10-12.

[26] Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato (2007), 18 ottobre 2006; vedi anche Discorso di Sua Santità Benedetto XVI ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, Sala del Concistoro, Giovedì, 15 maggio 2008, interamente dedicato alla famiglia.

[27] Papa Francesco, Udienza generale, Mercoledì, 26 ottobre 2016. Vedi anche discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al Forum internazionale “Migrazioni e pace”, Martedì, 21 febbraio 2017 e Discorso del Santo Padre Francesco ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno, Sala Regia, Lunedì, 8 gennaio 2018.

[28] Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della LI giornata mondiale per la pace 1° gennaio 2018, 13 novembre 2017.

[29] Discorso del Santo Padre Francesco in occasione degli auguri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Sala Regia, Lunedì, 11 gennaio 2016.

[30] Ivi.

[31] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[32] Discorso 8 gennaio 2018 cit. alla nota 27.

[33] Ivi.

[34] Messaggio del Santo Padre Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2014, 5 agosto 2013.

[35] Viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Messico (12-18 febbraio 2016), Santa Messa, Omelia del Santo Padre, Area fieristica di Ciudad Juárez, Mercoledì,17 febbraio 2016.

[36] Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2017, 8 settembre 2016.

[37] Visita del Santo Padre Francesco a Lesvos (Grecia), Parole del Santo Padre Francesco durante il volo verso Lesvos (Grecia), Volo Papale, Sabato, 16 aprile 2016.

[38] Visita del Santo Padre Francesco a Lesvos (Grecia), Dichiarazione congiunta di Sua Santità Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, di Sua Beatitudine Ieronymos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia e del Santo Padre Francesco, Mòria refugee camp. Lesvos, Sabato, 16 aprile 2016.

[39] Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al 3° incontro mondiale dei movimenti popolari, Aula Paolo VI, Sabato, 5 novembre 2016. Vedi anche Discorso del Santo Padre Francesco ai membri dell’International Catholic Migration Commission, Sala Clementina, Giovedì, 8 marzo 2018, dove si segnalano le “condizioni disumane in cui versano milioni di fratelli e sorelle migranti e rifugiati in diverse parti del mondo”.

[40] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[41] Discorso del Santo Padre Francesco ai direttori nazionali della pastorale per i migranti, partecipanti all’incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), Sala Clementina, Venerdì, 22 settembre 2017,

[42] Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione del “Coloquio México Santa Sede sobre movilidad humana y desarrollo” (Città del Messico 14 luglio 2014), 11 luglio 2014.

[43] Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2016, 12 settembre 2015.

[44] “i cambiamenti climatici danno origine a migrazioni di animali e vegetali (…) e questo a sua volta intacca le risorse produttive dei più poveri, i quali pure si vedono obbligati a migrare con grande incertezza sul futuro della loro vita e dei loro figli”, lettera enciclica “Laudato si’” del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune, 24 maggio 2015, n. 25.

[45] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[46] Discorso cit. alla nota 29. Nella lettera enciclica “Laudato si’”, cit., n. 134, si rileva che “la concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi” fa sì che “molti salariati agricoli finiscono per migrare in miserabili insediamenti urbani”.

[47] Dichiarazione cit. alla nota 38.

[48] Visita del Santo Padre Francesco alla sede della FAO a Roma in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione, Lunedì, 16 ottobre 2017.

[49] Viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Polonia in occasione della XXXI Giornata mondiale della gioventù (27-31 luglio 2016), Incontro con i vescovi polacchi, Discorso del Santo Padre, Cattedrale di Cracovia, Mercoledì, 27 luglio 2016.

[50] Discorso cit. alla nota 48.

[51] Ivi. Al riguardo merita ricordare che il pontefice considera “tragico” “l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale”, lettera enciclica “Laudato si’”, cit., n. 25

[52] Discorso cit. alla nota 49.

[53] Ivi.

[54] Messaggio cit. alla nota 43. Un auspicio che va collocato nel più ampio contesto indicato dalla lettera enciclica “Laudato si’”, cit., n. 175 dove, sulle orme dei suoi predecessori, papa Francesco afferma: “per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale”.

[55] Messaggio cit. alla nota 28.

[56] Dichiarazione cit. alla nota 38.

[57] Messaggio cit. alla nota 43.

[58] Discorso del Santo Padre Francesco in occasione degli auguri al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Sala Regia, Lunedì, 12 gennaio 2015.

[59] Messaggio cit. alla nota 34.

[60] Discorso cit. alla nota 48

[61] Ivi.

[62] Messaggio cit. alla nota 28.

[63] Vedi, passim, Conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno dagli Stati Uniti d’America, Volo Papale, Domenica, 27 settembre 2015; Conferenza cit. alla nota 37; Udienza 26.10.16.

[64] Messaggio cit. alla nota 43.

[65] Discorso del Santo Padre Francesco all’Università Roma Tre, Venerdì, 17 febbraio 2017.

[66] Discorso del Santo Padre Francesco agli Ecc.mi Presuli della Conferenza episcopale di Grecia in visita “ad limina apostolorum”, 5 febbraio 2015.

[67] Vedi conferenza cit. alla nota 37.

[68] Viaggio apostolico in Svezia: Conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno dalla Svezia, Volo Papale, 1 novembre 2016.

[69] Viaggio apostolico in Colombia: Conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno dalla Colombia, Volo Papale, 10 settembre 2017, su tale virtù vedi anche messaggio cit. alla nota 28 e discorso dell’ 8 gennaio 2018 cit. alla nota 27.

[70] Discorso del Santo Padre Francesco in occasione degli auguri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Sala Regia, Lunedì, 9 gennaio 2017.

[71] Conferenza cit. alla nota 68.

[72] Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti alla conferenza “(Re)thinking Europe”, organizzata dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea (COMECE) in collaborazione con la Segreteria di Stato, Aula del Sinodo, Sabato, 28 ottobre 2017.

[73] Discorso cit. alla nota 49.

[74] Messaggio cit. alla nota 36.

[75] Messaggio cit. alla nota 28.

[76] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[77] Messaggio del Santo Padre Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, 3 settembre 2014

[78] Discorso del Santo Padre Francesco ai membri della Federazione internazionale delle Università Cattoliche, Sala del Concistoro, Sabato, 4 novembre 2017.

[79] Messaggio cit. alla nota 34.

[80] Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Concelebrazione eucaristica. Omelia di Papa Francesco, Basilica Vaticana, Domenica, 14 gennaio 2018.

[81] Messaggio cit. alla nota 34.

[82] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[83] Discorso cit. alla nota 29.

[84] Conferimento del Premio Carlo Magno, Discorso del Santo Padre Francesco, Sala Regia, Venerdì, 6 maggio 2016.

[85] Messaggio del Santo Padre Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018, 15 agosto 2017 e messaggio cit. alla nota 28.

[86] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[87] Ivi.

[88] Messaggio cit. alla nota 34. Sulla famiglia migrante vedi anche esortazione apostolica postsinodale “Amoris laetitia” del Santo Padre Francesco sull’amore nella famiglia, 19 marzo 2016, n. 46.

[89] Messaggio cit. alla nota 28.

[90] Ivi.

[91] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[92] Messaggio 15 agosto 2017 cit. alla nota 85.

[93] Ivi.

[94] Messaggio cit. alla nota 28.

[95] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[96] Messaggio 15 agosto 2018 cit. alla nota 85.

[97] Ivi.

[98] Ivi.

[99] Ivi.

[100] Discorso 8 gennaio 2018 cit. alla nota 27.

[101] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[102] Discorso 8 gennaio 2018 cit. alla nota 27.

[103] Messaggio cit. alla nota 36.

[104] Ivi.

[105] Messaggio 15 agosto 2017 cit. alla nota 85.

[106] Discorso del Santo Padre Francesco ai membri del “Jesuit refugee service”, Sala Clementina, Sabato, 14 novembre 2015.

[107] Messaggio 15 agosto 2017 cit. alla nota 85.

[108] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[109] Conferenza cit. alla nota 68.

[110] Discorso 21 febbraio 2017 cit. alla nota 27.

[111] Discorso 8 gennaio 2018 cit. alla nota 27.

[112] Ivi.

[113] Vedi, tra i pronunciamenti più recenti, discorso cit. alla nota 72; discorso 8 gennaio 2018 cit. alla nota 27; omelia cit. alla nota 80.

[114] Messaggio cit. alla nota 28.

[115] Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al VII Congresso mondiale della pastorale dei migranti, Sala Clementina, Venerdì, 21 novembre 2014, n. 5

[116] Discorso cit. alla nota 72.

[117] Discorso cit. alla nota 115, n. 3

[118] Messaggio cit. alla nota 28.

[119] Messaggio cit. alla nota 34.

[120] Discorso 8 gennaio 2018 cit. alla nota 27. E, ancor più recentemente, rivolgendosi al Consiglio Plenario della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni, papa Francesco ha affermato: “Insieme dobbiamo incoraggiare gli Stati a concordare risposte più adeguate ed efficaci alle sfide poste dai fenomeni migratori; e possiamo farlo sulla base dei principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa”, vedi Discorso cit. alla nota 39.

[121] Discorso cit. alla nota 115, nn. 4-5.

[122] Discorso cit. alla nota 78.

[123] Tra le varie iniziative assunte dalle università e facoltà ecclesiastiche in favore dei rifugiati merita ricordare il Protocollo d’intesa tra Ministero dell’interno e Pontificia Università Lateranense (PUL) per l’inserimento di giovani studenti titolari di protezione internazionale in percorsi di alta formazione universitaria, siglato nel 2016 e consultabile in “libertà civili”, luglio-agosto 2017, pp. 143-146.

[124] Discorso del Santo Padre Francesco alle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, in occasione del primo centenario della morte di Santa Francesca Cabrini, Sala Clementina, Sabato, 9 dicembre 2017.

[125] Sotto il profilo istituzionale merita ricordare questa constatazione di papa Francesco: “I migranti mi pongono una particolare sfida perché sono Pastore di una Chiesa senza frontiere che si sente madre di tutti”, esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” del Santo Padre Francesco sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, 24 novembre 2013, n. 210.

[126] Vedi Discorso del Santo Padre all’Assemblea plenaria del Congresso degli Stati Uniti d’America, Washington, D.C., Giovedì, 24 settembre 2015.

[127] Videomessaggio del Santo Padre Francesco al TED 2017 di Vancouver, 26 aprile 2017.

[128] Visita a Lampedusa, Omelia del Santo Padre Francesco, Campo sportivo “Arena” in Località Salina, Lunedì, 8 luglio 2013.

[129] Messaggio 15 agosto 2017 cit. alla nota 85.

[130] Conferenza cit. alla nota 37.

[131] Vedi motu proprioHumanam progressionem”, 17 agosto 2016 e art. 1 § 4 del relativo statuto.